Una Bestia di Pittore
Ho sempre desiderato fare qualcosa su Toni Ligabue. Appartengo a quella generazione che ha scoperto il pittore guardando uno sceneggiato televisivo di fine anni 70. Ero un bambino e quella storia e quel personaggio mi piacevano ma facevano anche un po’ paura. Tutte e due le cose. Da dieci anni ho cominciato ad andare alle sue mostre e a raccogliere quanto è stato pubblicato sul pittore vissuto nella bassa emiliana. Ora è arrivato il momento di provare anch’io a raccontare la sua vita. Non lo faccio da solo. C’è un altro attore, della mia stessa generazione, che ha scoperto il pittore anche lui da ragazzino e in tutti questi anni ha coltivato il desiderio di mettere in scena uno spettacolo su Ligabue. Abbiamo unito le forze. Sarà proprio lui Ligabue. Credo davvero difficile trovare un attore più adatto ad interpretarlo. Io racconterò e Ligabue interverrà se e quando vorrà. Ci farà emozionare, e forse anche sorridere. Perchè Toni detto “al pitur matt” era un tipo molto furbo e quando voleva simpatico.
Oltre ad essere stato un grande pittore, anzi una bestia di pittore.
Laggiù dove cade il sole, un sogno un giglio va “Toni Ligabue, una bestia di pittore”
Beatrice Ceci
Antonio Ligabue, detto Toni, rivive nell’affresco dipinto da Andrea Santonastaso e Alessandro Pilloni
“Ligabue, naso d’aquila, urla al cielo la sua pena, Cesarina, per favore, voglio un bacio, dam un bes” – Augusto Daolio, 1991
RECENSIONE – Poche persone, anche gli studenti d’arte, conoscono la biografia del pittore – definito da molti “naif” – Antonio Ligabue. Pochi sanno che il suo vero nome era in realtà Antonio Costa e che fu poi registrato con il cognome del patrigno diventando Antonio Leccabue. Alcuni, forse, si sono approcciati al suo lavoro grazie ad un famoso sceneggiato televisivo dal titolo “Ligabue” che gli dedicò, nel 1978, il regista Salvatore Nocita, con la parte del pittore interpretata da un giovane Flavio Bucci. Altri, magari fan dei Nomadi, hanno ascoltato la canzone di Augusto Daolio intitolata “Dammi un bacio”, cantata in dialetto reggiano.
Alessandro Pilloni e Andrea Santonastaso fanno parte della generazione che ha amato lo sceneggiato televisivo e che, dopo anni di ricerche e di studi sull’artista da loro stessi definito “non tutto a casa” (lasciamo ad ognuno dei lettori la traduzione), ma sicuramente molto amato e ammirato, hanno deciso di mettere in scena, anzi, dipingere, la vita di questa “bestia di pittore” nella piéce “Toni Ligabue, una Bestia di pittore” alla quale abbiamo avuto il piacere di assistere al Teatro Jolly di Castel San Pietro Terme (provincia di Bologna).
Alessandro Pilloni, autore tra l’altro del testo – efficace, d’impatto e ben strutturato – è il narratore che ci piace descrivere come la “mano” che impugna il “pennello” Santonastaso, interprete di Antonio, un uomo “strano”, con diversi problemi di adattamento e psicologici, che riusciva a far vivere sulla tela gli animali che amava forse più degli uomini. Insieme dipingono un affresco di quel Mondo Piccolo nella provincia di Reggio Emilia (o al limitare di Parma) già letto nelle pagine di Giovannino Guareschi, raccontando in maniera intensa, a tratti divertente, le stranezze di un pittore che sapeva di essere un artista senza vantarsene, dall’infanzia difficile – dentro e fuori dai manicomi – , additato come un “orco” dai bambini, con piccole manie autolesioniste o materiali, come collezionare moto Guzzi o auto. Piano piano le “ossessioni”, le inquietudini, il suo vivere ai margini, il suo immedesimarsi nelle bestie che imprimeva sulla tela “se c’è una mosca vuol dire che il quadro è venuto bene” vengono notati dalla critica e lui smette di utilizzarli come oggetti di scambio per comprare cibo o benzina per i suoi “motori”.
Se Pilloni racconta con voce chiara ed un’impeccabile dizione il Leccabue divenuto per propria volontà Ligabue, Santonastaso interpreta il pittore ingenuo, a volte molto furbo ed anche simpatico, interagendo con Pilloni o in maniera autonoma, calandosi perfettamente nel ruolo; anche senza aver visto lo sceneggiato degli anni ’70 o aver conosciuto, di persona o attraverso le tele, questo bizzarro artista, gli occhi stralunati, la cadenza reggiana e questo palesarsi all’improvviso sulla scena in apparizioni quasi irreali (o surreali) dipingono perfettamente l’uomo “dal naso d’aquila” che rincorre la natura e mostra sulle tele la sua umanità, diversa ma affascinante, pura ed inquieta, parte integrante di quella malinconica parte d’Italia che è la Bassa Emiliana.
Uno spettacolo a cui vi consigliamo caldamente di assistere, per incuriosirvi di un bravo pittore ed assistere alla realizzazione di un dipinto dal vero da parte di due bravi – attori – pittori.
Sì, è nuda la sua umanità / la sua verità è diversità / fugge il matto, occhi di gatto, che ha visto il diavolo.
Piatta pianura, solitudine amara / il bisogno d’amore, spezza il cuore / fugge ilo matto, occhi di gatto, che ha visto il diavolo.
Ligabue, gridò la gente, / fa paura è un demente, / è braccato come un cane, /da orme umane.
Laggiù dove cade il sole, /un sogno un giglio, /forse un figlio, / lui Ligabue è la che va, nessuno lo rivedrà.